
Questi testi potrebbero costituire una buona base di riflessione per i contenuti e gli obiettivi da dare a Samìa, anche al fine di far comprendere, a chi si volesse associare, quale è il livello della questione che dobbiamo affrontare, quando ci occupiamo, a vario titolo, della tutela dei diritti dei migranti.
Prolusione
"GENOCIDIO E DESAPARICIÓN: POLITICHE ELIMINAZIONISTE IERI E OGGI"
di Enrico Calamai (2018)
Nella prolusione che Enrico Calamai, diplomatico illuminato e coraggioso, ha tenuto alla Statale di Milano l’autore tocca alcuni punti fondamentali nella questione dell’immigrazione: secondo lui le stragi dei migranti sono provocate dalla politiche e dalle legislazioni restrittive del mondo occidentale e le paragona anche sotto il profilo dell’analisi giuridica del diritto internazionale ai genocidi (armeni, ebrei) e ai crimini della dittatura argentina nei confronti degli oppositori politici (desaparecidos).
Scrive Enrico Calamai sulle migrazioni:
ginare i metodi seguiti dai “diavoli a cavallo” incaricati in un primo tempo dal governo sudanese del genocidio in Sud Sudan e attualmente di dare la caccia e bloccare costi quello che costi migranti e richiedenti asilo. Si sta mettendo a punto un sistema concentrazionario, sparpagliato ma rispondente a un disegno unitario, in tutto l’enorme bacino africano e mediorientale che fa capo al Mediterraneo, nel quale le torture, i massacri, i trattamenti inumani e degradanti, la riduzione in schiavitù, l’espianto di organi e le esecuzioni sono da tempo all’ordine del giorno e che se non bloccato potrebbe diventare il più perfezionato sistema eliminazionista della storia dell’umanità. Ed è tutto questo a produrre il lavoro sporco dei mercanti di uomini e degli scafisti, che tra l’altro finisce spesso per finanziare il terrorismo, e altro non è che il sintomo di un’immensa tragedia umanitaria scientemente provocata a monte.
Ma non basta. Non possiamo non dirci che è estremamente improbabile che un barcone possa sfuggire ai controlli incrociati continuamente in atto da parte di aerei, droni, satelliti, elicotteri, sofisticate apparecchiature radar, ecc. e che lo stesso accada per i gruppi che si avventurano nella traversata del deserto nella speranza di raggiungere il Mediterraneo o vi sono costretti dopo il respingimento. Non mancano testimonianze ad avvalorare l’ipotesi che i medesimi vengano inquadrati, seguiti fin dall’inizio e lasciati a percorrere fino in fondo il loro calvario, nell’ambito di una strategia di deterrenza finalizzata a minimizzarne il numero, nell’impossibilità di sradicare del tutto il fenomeno. Non mancano testimonianze su gravissime omissioni di soccorso che di certo costituiscono un illecito internazionale.
Continuano a tentare di arrivare perché privi di alternative, in fuga come sono da dittature, terrorismo, catastrofi ecologiche, carestie, miseria estrema e crisi troppo spesso da noi stessi provocate. E allora, ecco che le frontiere vengono spinte sempre più in là, oltre la Libia stessa, in Niger adesso, fino a renderli impercettibili nella tragedia del loro respingimento, invisibili fisicamente e mediaticamente, quindi impensabili e inesistenti perché quod non est in actis, non est in mundo. Ancora una volta, come nell’Europa nazifascista o nell’Argentina dei militari troviamo il quadrangolo sottostante l’attuazione di politiche eliminazioniste: una minoranza, oggetto di pregiudizio sfruttabile politicamente, la segretezza (emblematici in proposito gli accordi a livello di polizia che non debbono venir approvati dal Parlamento), la difficoltà di mettere a fuoco la strategia prescelta e un ondivago sistema mediatico che ci bombarda coll’immagine di un bambino annegato in una spiaggia turca, ma la settimana successiva riduce a trafiletto il naufragio di un barcone con almeno 4 bambini a bordo. Perché nella società dello spettacolo ciò che non fa spettacolo non esiste. Il che spiega anche perché si tenti di delegittimare le ONG che accorrono a soccorrere i barconi in pericolo di naufragio: affinché il massacro possa andare avanti senza ostacoli e senza testimoni scomodi.
Si tratta, in una parola, dei desaparecidos dell’Europa opulenta del nuovo millennio, e il riferimento non è retorico e nemmeno polemico, è tecnico e fattuale perché la desaparición è una modalità di sterminio di massa, gestita nel cono d’ombra reso possibile da qualunque sistema mediatico, specie se a prevalenza iconografico [...]. Siamo ancora una volta di fronte a un crimine senza nome, ma il crescente numero dei morti, 30mila circa dai primi anni 2000, dimostra di per sé, a mio avviso, che si tratta di un crimine di lesa umanità che va avanti da troppo tempo.
Per finire, vorrei citare alcune parole da una recente intervista della neo Senatrice a vita Liliana Segre:
"[...] proseguirò la mia missione di testimone anche in Senato, in un tempo crudele come questo, quando il mare si chiude sopra decine di persone che rimangono ignote, senza nome, come sono state quelle che ho visto io andare al gas[...]".
E’ mia speranza che l’Università di Milano e il mondo accademico in generale sappiano approfondire, anche da un punto di vista giuridico, la complessa problematica che ho tentato di abbozzare e fornire agli studenti gli strumenti critici per comprendere e prendere posizione in proposito [...]».
"MANIFESTO PER L'UGUAGLIANZA" di Luigi Ferrajoli (2018)
"SENZA SPONDA" di Marco Aime (2013)
"L’ISOLA DEL NON ARRIVO, voci da Lampedusa" di Marco Aime (2018)
Aime, innamorato di Lampedusa e dei lampedusani con i quali ha parlato a lungo, ci dà il racconto delle loro voci da quando si sono trovati di fronte all’arrivo di masse di sconosciuti provenienti da paesi ancora più sconosciuti, voci di abitanti di un’isola talmente piccola e dimenticata, da essere “assente persino dalla cartina del meteo in TV” ; di colpo balzata agli onori della cronaca, è diventata un simbolo, "l’avamposto di Europa, la prima meta delle masse di disperati in fuga dalle guerre e dalla fame". Alla tragedia del 3 ottobre 2013 quando un barcone si è rovesciato vicinissimo alle rive dell’isola lasciando in mare 368 morti accertati la gente del posto ha reagito in modo “complesso” secondo Aime, come del resto era pevedibile, essendo divenuti improvvisamente attori di un circo mediatico opprimente; non sempre le idee di accoglienza sono immediate come lo sono spesso i gesti: dalle voci dei lampedusani nasce un quadro appunto "complesso" su che cosa pensano degli immigrati e di che idea hanno di come reagisce l’Italia in prima linea della più tragica emergenza internazionale degli ultimi anni. “Tuttavia prevale su tutto la solidarietà tipica della gente di mare”.
"TUTTO QUELLO CHE NON VI HANNO MAI DETTO SULL’ IMMIGRAZIONE"
di Stefano Allievi (2016)
entrati nel ventennio precedente. Altrimenti, nel giro di appena 20 anni i potenziali lavoratori calerebbero da 36 a 29 milioni, a mano a mano che i baby-boomers andranno in pensione. Diminuirebbero anche i giovani (da 11,2 a 9,7 milioni), mentre gli anziani – in ogni caso – sono destinati ad aumentare in modo inarrestabile.Il libro offre dati aggiornatissimi sui flussi migratori e sul loro contributo reale allo sviluppo economico, culturale e sociale del Paese, senza eludere nessuno dei temi scottanti degli ultimi mesi: l’aumento esponenziale dei richiedenti asilo, l’impatto della crisi sulle migrazioni, il contributo degli stranieri all’economia italiana, i problemi di criminalità, l’integrazione fra le diverse culture e religioni. Perché esiste un modello italiano alle immigrazioni: è necessario riconoscerlo per tracciare con sapienza le politiche del futuro.
"IMMIGRAZIONE: CAMBIARE TUTTO" di Stefano Allievi (2018)
"SONO RAZZISTA, MA STO CERCANDO DI SMETTERE"
di Guido Barbujani e Pietro Cheli (2010)
«[...] si è costruito un complesso sistema a tenaglia, attraverso il cosiddetto Processo di Rabat sulla sponda occidentale dell’Africa e il Processo di Khartoum su quella orientale, di cui fanno parte dittature quali quella eritrea, sudanese, egiziana, i cui governi criminali vengono sostenuti, armati e finanziati affinché blocchino in qualunque modo il flusso dei migranti prima che possano arrivare alle coste mediterranee e diventare percettibili dalla nostra opinione pubblica. E come non ricordare gli accordi di Malta (novembre 2015), il patto con la Turchia(marzo 2016), l’accordo-ricatto con l’Afghanistan (ottobre 2016), il succedersi di accordi e memorandum con la Libia fin dai tempi di Gheddafi.
Sappiamo ormai, perché ampiamente documentato, quanto avviene in Libia, che è soltanto un tassello del sistema, possiamo ben imma-
Marco Aime professsore di antropologia culturale all’Università degli Studi di Genova indica una strada contro l’indifferenza globalizzata nei confronti di persone dalle vite “senza sponda” cioè i migranti che cercano rifugio nel nostro paese; la strada è quella di aprirci verso l’altro, di non voltare le spalle, di rivolgersi al diverso, allo straniero, seguendo l’esempio degli abitanti di Lampedusa, imparando quei piccoli gesti dell’accoglienza per aiutare chi arriva, spesso facendosi carico delle inadempienze dello Stato.
L’Italia invece, dalla memoria troppo corta, dimentica il suo passato di migrazione e identifica nei profughi “i nuovi barbari” colpevoli di invadere le nostre coste per impoverirle, se non per depredarle.
"NON DIRMI CHE HAI PAURA"
di Giuseppe Catozella (2014)
Catozzella, che ha viaggiato molto in Africa ed è venuto in contatto con molti paesi sopraffatti dalla guerra e dalla fame, ha voluto in questo libro affrontare il tema tragico delle migrazioni dei nostri tempi entrando nella vita di uno dei tanti personaggi dei viaggi della speranza: così, Samìa Jusuf Omar con i suoi sentimenti diventa simbolo universale di un’umanità disperata ma fiduciosa nella vita.
Samìa parla in prima persona e ci sembra subito di conoscerla, il suo sentimento principale è l’amicizia con Alì suo “fratello”, sentimento più forte della guerra del suo paese, la Somalia, delle torture, più forte di un viaggio di 8.000 chilometri, dall’Etiopia al Sudan attraverso il Sahara, fino alla Libia.
Dal racconto di Samìa che crede fermamente nella possibilità di riscattarsi e di raggiungere il riscatto da parte di quelli come lei, guardando lontano, ci avviciniamo sempre più a capire i sentimenti che spingono i migranti alla loro odissea: la disperazione ma anche la fiducia incrollabile in un destino migliore per se stessi. Per le loro famiglie, per il loro paese.
"E TU SPLENDI" di Giuseppe Catozzella (2018)
Arigliana, "cinquanta case di pietra e duecento abitanti", è il paesino sulle montagne della Lucania dove Pietro e Nina trascorrono le vacanze con i nonni. Un torrente che non è più un torrente, un'antica torre normanna e un palazzo abbandonato sono i luoghi che accendono la fantasia dei bambini, mentre la vita di ogni giorno scorre apparentemente immutabile tra la piazza, la casa e la bottega dei nonni; intorno, una piccola comunità il cui destino è stato spezzato da zi' Rocco, proprietario terriero senza scrupoli che ha condannato il paese alla povertà e all'arretratezza. Quell'estate, che per Pietro e Nina è fin dall'inizio diversa dalle altre - sono rimasti senza la mamma -, rischia di spaccare Arigliana, sconvolta dalla scoperta che dentro la torre normanna si nasconde una famiglia di stranieri. Chi sono? Cosa vogliono? Perché non se ne tornano da dove sono venuti? è l'irruzione dell'altro, che scoperchia i meccanismi del rifiuto. Dopo aver catalizzato la rabbia e la paura del paese, però, sono proprio i nuovi arrivati a innescare un cambiamento, che torna a far vibrare la speranza di un Sud in cui si mescolano sogni e tensioni. Un'estate memorabile, che per Pietro si trasforma in un rito di passaggio, doloroso eppure pieno di tenerezza e di allegria: è la sua stessa voce a raccontare come si superano la morte, il tradimento, l'ingiustizia e si diventa grandi conquistando il proprio fragile e ostinato splendore.
Un quadro aggiornatissimo sui flussi migratori e sul loro contributo reale allo sviluppo economico, culturale e sociale del paese. Senza eludere nessuno dei temi scottanti degli ultimi mesi: l'aumento eponenziale dei richiedenti asilo, l'impatto della crisi sulle migrazioni, il contributo degli stranieri all'economia italiana, i problemi di criminalità, l'integrazione fra le diverse culture e religioni.
Numeri, dati, fatti per raccontare con un taglio pragmatico e con una prospettiva inedita il più grandioso mutamento dell’Italia di questi anni.
L’Italia è diventata nel breve giro di un paio di generazioni da paese di emigrazione sostanzialmente monoculturale a grande porto di mare. Vivono oggi dentro i nostri confini cinque milioni di stranieri e l’immigrazione è da anni al centro del dibattito pubblico e dello scontro politico.
Spesso però se ne discute senza tener conto dei dati di fatto: se in un luogo non ci sono risorse sufficienti per permettere agli uomini di soddisfare le loro necessità e in un altro luogo le opportunità sono sovrabbondanti rispetto agli uomini, un gruppo di abitanti del luogo di partenza si trasferirà inevitabilmente nel luogo d’arrivo. È dunque impensabile che il flusso dei migranti si interrompa. Peraltro, la struttura demografica dei paesi occidentali rende necessario l’apporto degli stranieri: nei prossimi vent’anni, per mantenere costante la popolazione in età lavorativa (20-64), ogni anno dovranno entrare in Italia – a saldo – 325.000 potenziali lavoratori, un numero vicino a quelli
Le migrazioni ci sono. Sono sempre di più e saranno ancora di più in futuro. Non è più il tempo dei problemi senza risposta: è il momento delle soluzioni.L’immigrazione è un fenomeno strutturale da decenni. Tuttavia è sempre stato affrontato in termini di emergenza, come fosse un fatto episodico. Ma l’estensione, la qualità e la quantità del processo sono tali da esigere una soluzione complessiva al nostro sistema di convivenza che non sottovaluti il malessere diffuso nell’opinione pubblica. Le recenti polemiche intorno al ruolo delle ong nei salvataggi sono l’ultimo degli esempi. Per non dire della crescente xenofobia che rischia di indebolire la coesione sociale del nostro paese. L’immigrazione irregolare, il trafficking (i suoi costi e i suoi morti), i salvataggi, i respingimenti, la gestione dei richiedenti asilo con le sue inefficienze, le forme dell’accoglienza. E ancora, i problemi legati ai rimpatri, alla cittadinanza, alle implicazioni delle diverse appartenenze religiose: è urgente e necessaria una riflessione critica onesta su tutte le questioni che accompagnano le migrazioni attuali, affrontando quelle più spinose, con il coraggio di proposte radicali.
Niente razze, ma molto razzismo. Nonostante studi approfonditi abbiano dimostrato da tempo che di razze umane ce n'è una sola, certi sentimenti non smettono di circolare. Siamo tutti parenti, discendenti dagli stessi antenati africani che hanno colonizzato in poche migliaia di anni tutto il pianeta. Niente razze, ma molte differenze, scritte un po' nel nostro DNA. E moltissimo nella nostra cultura, nei tanti luoghi comuni dove andiamo a inciampare ogni giorno, nei pregiudizi che ci guidano attraverso le piccole e grandi vicende della vita e che ci portano a subire, dire, fare o semplicemente pensare cose razziste. Altro “Bignami” da non perdere come del resto la riproposizione del libro tramite video con anche il contributo di Telmo Pievani.
Disegnare vuol dire entrare dentro se stessi, una volta che riesci a illustrare quello che ti attraversa, quell’immagine diventa una chiave di una porta di un racconto che attraversa le frontiere. Un racconto necessario di storie altrimenti consegnate all’oblio del mare. I disegni dalla frontiera si incastrano fra loro perfettamente, potrebbero essere usati come i tarocchi per costruire un racconto della storia dell’umanità, per leggerne il suo futuro mentre racconti il presente.
C’è qualcosa di epico in quello che avviene oggi nel Mediterraneo, qui rinasce e muore il mito fondativo dell’umanità nuova. C’è Ulisse e Itaca, Nettuno e la guerra di Troia, c’è l’Esodo di Mosè e la passione di Cristo che ritornano. I miei disegni non sono curati, sono a presa diretta e non potrebbero essere altrimenti. Nascono e muoiono in poche decine di minuti, mischiano colori vivi che danno speranza con la durezza delle cose che raccontano.
Volume illustrato a colori, testi in italiano e in inglese.
"DISEGNI DALLA FRONTIERA"
di Francesco Piobbichi (2017)
Con introduzione di Pietro Raitano.
Questo libro è una bussola per orientarsi nel "mare magnum" delle migrazioni: la mappa delle principali rotte verso l'Europa; il racconto dei viaggi in gommone; i soccorsi in mare e la guerra alle Ong; la Libia, inferno a cielo aperto per migliaia di migranti; il sistema di Dublino e la strategia della Fortezza Europa. Un libro che sfata i luoghi comuni e spiega perché la politica italiana cerchi consenso - nell'urna e sui social - abbandonando persone in fuga da conflitti e miseria. Facchini ci illustra la realtà in cui ci troviamo e in cui ci sentiamo quasi senza forze, smontando tutte le fake news e i luoghi comuni degli ultimi tempi con la chiarezza dei dati e la solidità dei numeri.
"ALLA DERIVA"
di Duccio Facchini (2018)











Ulteriori riflessioni utili si trovano nel libro di Ferrajoli, Manifesto per l'Uguaglianza, là dove le migrazioni vengono considerate come uno degli effetti delle diseguaglianze sempre maggiori provocate dal capitalismo liberista che si è imposto a livello mondiale negli ultimi 30 anni, secondo una strategia che, contrariamente al motto "proletari di tutto il mondo unitevi", alimenta una guerra tra poveri, per creare un proletariato sempre più debole (perché diviso) e perciò sfruttabile (Ferrajoli, parla senza mezzi termini di un ritorno alla schiavitù). Questo filosofo del diritto (non marxista ortodosso, in quanto allievo di Bobbio e quindi appartenente alla tradizione liberal socialista azionista) paragona alcuni aspetti deteriori della nostra legislazione sull'immigrazione (reato di clandestinità, Cie, abolizione di alcune garanzie processuali a danno dei richiedenti asilo, da parte del decreto Minniti, ecc.) alle leggi razziali fasciste del 1938, poiché identica, secondo lui, è l'ideologia che vi è sottesa, ossia considerare una parte dell'umanità, appartenente ad una categoria di esseri inferiori. In altri termini, si criminalizzano delle persone, in base al loro status giuridico (in quanto stranieri extracomunitari senza permesso di soggiorno), e non perché colpevoli di condotte lesive dei diritti altrui.